Ci dicono che per ora la crisi che stiamo vivendo presenta delle similitudini con quello degli anni 30.
Addirittura Italia e Francia il declino industriale è stato peggiore di quello che ci fu allora , mentre per paesi come U.K, Germania , U.S.A. e Canada è molto simile.
Il declino dei mercati azionari è invece molto peggio di quello del '29 ed anche il collasso del mercato internazionale è stato di gran lunga il peggiore , a tal proposito ci sono stati richiami del G 20 e del Fondo Monetario Internazionale.
Durante la Grande Depressione, il tasso di interesse medio ponderato delle principali sette economie dell’epoca non scese mai sotto il livello del 3%,questo creò un ‘feroce’ declino dell’output macroeconomico dei primi 3 anni, mentre oggi si sta cercando di non commettere gli stessi errori di quel periodo, si parla di quantitative easing con tassi prossimi allo zero e si cerca di utilizzare al meglio gli insegnamenti di Keynes per la politica fiscale e Friedman per quella monetaria.
A questo punto è lecito porsi la domanda se gli enormi stimoli messi in campo sia dal punto di vista fiscale che monetario siano in grado di fronteggiare gli effetti di un collasso finanziario.
Stiamo assistendo ad una partita dove da un lato c’è il ribilanciamento della domanda globale ed il rientro del debito privato, mentre dall’altra la sostenibilità degli stimoli in essere.
I due economisti prevedono che vi sarà un ritorno ad una crescita robusta della domanda privata solo quando i bilanci delle famiglie sovra indebitate e dei settori sottocapitalizzati saranno riparati, o quando i Paesi ad elevato tasso di risparmio ( come la Cina ad esempio) investiranno e consumeranno di più. Questo sarà un processo molto lento, basti pensare che negli ultimi due trimestri le famiglie statunitensi hanno ripagato solo il 3.1% del loro stock di debito.
Quello che si sta verificando sui mercati è sicuramente il riflesso di una volontà di credere in una ripresa economica molto veloce, ma molti dati congiunturali ad una attenta lettura, relativamente alle diverse produzioni nazionali ,sono positivi solo per un effetto di destocking e quindi di riallineamento delle scorte di prodotti finiti e semilavorati, mentre gli indicatori di sentiment risultano essere troppo volatili per utilizzarli in un approccio di investimento di medio periodo.
Con molta probabilità l’obbligo per chi voglia investire strutturalmente sui mercati finanziari sarà per un po’ di tempo ancora quello di navigare a vista. .....
Altri due autori, Prof. Nassim Taleb e Prof. Mark Spitznagel sulle pagine del Financial Times http://www.ft.com/cms/s/4e02aeba-6fd8-11de-b835-00144feabdc0,Authorised=false.html?_i_location=http://www.ft.com/cms/
analizzando il fatto che il sistema economico internazionale ha un livello d'indebitamento è il triplo di quello degli anni'80 ci dicono che le politiche monetarie e fiscali espansive creano solo altro squilibrio e volatilità, l'unica via d’uscita, secondo la loro visione, sarebbe :lo swap di debito con equity.
Cioè trasformare questa enorme quantità di debito in equity per tre ragioni essenziali:
- Primo, il debito e l’effetto leverage creano solo fragilità e lasciano meno spazio di manovra, mentre il concetto di equity è più robusto.
- Secondo, la globalizzazione dà origini a complessità di valori economici e di mercato che possono essere soggetti a maggiori variazioni nei valori mai sperimentato nel passato. Questo rende molto più difficile fare previsioni . Tutto ciò non è stato preso in considerazione mentre invece avrebbe dovuto rendere le aziende più conservative nella loro struttura dei capitali.
- Terzo, il debito è altamente ‘sleale’ dal punto per l’investitore. Ogni ‘prestito’ (loan) ha una volatilità insita che non viene fuori fino al default, mentre l’investimento in equity ha una volatilità manifesta giornalmente. Secondo gli autori abbiamo due opzioni.
Disinflazionare il debito, e di inflazionare gli assets (attivi). I pacchetti fiscali espansivi conducono solo ad una ‘socializzazione del debito privato’ con in più l’aggravante di presenatre possibili errori sulle stime future di crescita economica. Questi errori,prevedono, saranno ancora più grandi in futuro e porteranno la politica monetaria espansiva ad una scenario non di inflazione, ma di iperinflazione. La politica monetaria, dovrà convivere con un sistema dove le bolle speculative esistono, ma devono essere combattute creando una struttura economica più robusta e l’unica soluzione è trasformare in maniera sistematica e graduale l’enorme stock di debito presente nel sistema economico/finanziario in equity.
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